A Siwa non piove da un anno, nonostante le rassicuranti profezie dei morti consultati dal Vecchio, capo incontrastato del villaggio. La gente è angosciata, perché da sempre i defunti prevedono il futuro, anticipando con certezza quanto poi accadrà. L’acqua annunciata, però, non cade: è allora che il popolo si affligge, sentendosi perduto, all’idea che i morti siano morti per davvero. Ma è la carestia a infliggere il colpo finale. La popolazione è allo stremo, e di ciò ne è consapevole Amir, il più giovane di tutti, convinto della necessità di affidarsi ai vivi, piuttosto che ai presagi dei morti. La sua avversità non va giù al Vecchio, che lo fa imprigionare, in attesa di impiccarlo, forte di un’accusa costruita con astuzia: il suo amore clandestino per Sharifa, una giovane zaggala, l’etnia segregata da sempre in un campo ai confini dell’oasi, che la legge non ammette. E mentre una crescente carestia mette in ginocchio l’oasi, l’arrivo di un’anziana Santona sconvolge l’ordine delle cose imposto fino a quel momento.
L’autore:
Felice Iracà è nato a Catanzaro nel 1969. Ingegnere e giornalista pubblicista, svolge le funzioni di dirigente vicario dei Vigili del Fuoco di Milano. Ha pubblicato Io ce l’ho un’anima – Dieci storie di quotidiana anormalità (Italia Letteraria, 2006) e Dove finisce il mare (Edizioni Puntolinea, 2016).